“Art.6: 1.Gli Stati parti riconoscono che ogni fanciullo ha un diritto inerente alla vita. 2.Gli Stati parti assicurano in tutta la misura del possibile la sopravvivenza e lo sviluppo del fanciullo”
Nel 1915 si consumava una tragedia umana, i protagonisti sopravvissuti pagheranno il prezzo di essere stati testimoni, nella responsabilità di andare oltre al male perpetuato nei loro confronti. Quando il mondo è volontà nella sua rappresentazione. Sevak Grigoryan presenta il suo punto di vista dinanzi al genocidio armeno. Lo fa raccontando l’infanzia. La perduta innocenza di chi dinanzi alla morte, all’odio, è costretto a dare ragione, a dare risposta, ad andare oltre la facile contrapposizione. I sentimenti e la passione che le opere trasudano, sono l’operazione di un artista che non ha paura di mettersi in discussione. Di un artista che scava nel proprio inconscio quelle immagini della paura dinanzi alla morte. Di un artista che sperimenta se stesso bambino, se stesso uomo dinanzi all’orrore di conoscere nella vita terrena anche il male e porsi di fronte ad una scelta. Di un artista che sperimenta un linguaggio possibile per favorire l’identificazione dell’osservatore. Di un artista che sviscera i sentimenti istintivi, legati ai meccanismi della sopravvivenza della specie, e contemporaneamente tenta, riuscendoci, a elaborare un lutto storico. Di un artista che prova a dare una chiave di liberazione dal dolore attraverso lo strumento della cultura. La sua visione alchemica si ritrova nella scelta cromatica: nero, rosso e bianco. Il nero, che stringe e costringe i corpi, che esalta lo stupore negli occhi, che annulla ogni forma esteriore. Il rosso, che delinea , con pennellate ardite, le pose inusitate di bambini costretti ad essere testimoni, ad essere dei sopravvissuti. Il bianco la liberazione, la luce, l’aurora, la speranza. A quest’ultimo è rivolto lo sguardo dell’unica opera scultorea presente nella mostra. Perché Sevak anzitutto è uno scultore. E scolpisce senza remore le immagini che la memoria del cuore non può dimenticare.
Ilde Lazzara
Sevak Grigoryan nasce in Armenia nella città di Yerevan nel 1979, nel 1990 frequenta il Centro Repubblicano di Educazione Estetica nella sua città natale con il “Gruppo studiosi della scultura” per proseguire poi il proprio percorso di formazione presso il liceo artistico ” P. Terlemezyan”, percorso che lo porta poi a diplomarsi in scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Yerevan. La sua curiosità e dedizione alle arti plastiche lo portano fino in Italia dove lavora e studia, da prima all’Accademia di Belle arti a Firenze, poi a Roma, dove viene ammesso alla Scuola dell’arte della Medaglia dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, e dove apre la sua personale presso la Galleria 291 Est nel 2009 “La danza dei sette veli”. Nella sua carriera numerose le esposizioni che svolge nel suo paese, terra a cui è molto legato, tanto che nel 2003 realizza anche un’opera pubblica intitolata “Phoenix” nel tufo, per la piazza principale della città di Spitak. Attualmente vive e lavora a Roma.
1915
Sevak Grigoryan
Vania Caruso
24 aprile 4 maggio 2010
4 Aprile 2010