CENSURAE | Il Manifesto
della censura e delle sue manifestazioni contemporanee
La censura partorisce se stessa continuamente, in ogni epoca, indossando la maschera della società che la vede invocare.
La censura reitera la mancata demolizione delle sue vecchie sovrastrutture. È la più grande impasse postmoderna.
La censura è un paradosso. È il paradosso del presente.
La censura è sempre più subdola e controversa.
La censura nega se stessa, si mimetizza. Sempre più raramente si manifesta, esplicitandosi. Incapaci di definirla, di limitarne i confini temporali e geografici, la inscriviamo nel nostro stesso punto di vista.
La censura è la morte del pensiero critico. È l’assenza di coscienza sul proprio pensiero.
La censura è satura. È farsesca.
La censura è un vizio di forma. Oggi, è un format.
La censura è tentacolare. È soggiogante.
La censura, oggi, è ancora la “legge del padre”.
La censura è un’ideale cartina del limite.
La censura è claustrofobica ed asfissiante, promotrice di una cultura castrante.
La censura è violenta e prevaricatrice. È il concetto di autorità.
La censura si sostenta della sua guerra psicologica.
La censura è strumentale, faziosa, meschina, opportunista.
La censura è la dialettica dell’ingiustizia, della paura e dell’ignoranza.
La censura è patriottica. È nello sventolare di una bandiera, nella sua stridente declamazione.
LA CENSURA È LA TRINCEA DELLA PROPAGANDA.
La censura persiste come forma coercitiva di regime, ma si inscrive anche nell’idiosincrasia occidentale, nella farsa ideologica entro cui si aggira e si smarrisce, fra culto delle rovine del passato e creazione di quelle moderne.
La censura è la globalizzazione. È un colonialismo trasfigurato da esportazione di democrazia.
La censura è il dogma di un elitarismo radicato, arrogante, che monetizza sul livore giovanile, sull’emarginazione e la demonizzazione degli ultimi.
La censura, oggi, è il decadimento dell’ideologia: strappata all’istanza reale e mercificata come mero slogan.
LA CENSURA È STORICA.
La censura è replicante. È lo iato di un sempiterno presente, che rinnega, si sostituisce e di fatto annienta la storia precedente.
La censura, oggi, è il suo indeterminismo. È il non sentirci minacciati da anacronistici corsi e ricorsi storici.
La censura è la damnatio memoriae della storia della civiltà, nel suo inevitabile ripetersi “prima come tragedia, poi come farsa”.
La censura, oggi, è il nostro scetticismo generalizzato. È anche arrivare a negare l’olocausto.
La censura è il revisionismo storico che ci priva del senso dell’oggi.
LA CENSURA È CONFORMANTE.
La censura conforma (ancora) gli individui alla massa.
La censura ci uniforma al grido della soppressione.
La censura è l’opinione pubblica.
LA CENSURA È IL PENSIERO UNICO.
La censura è l’omologazione al pensiero unico. È la sua dittatura.
La censura è la stigmatizzazione e l’ostracismo di ogni voce fuori dal coro della narrazione unica elargita.
La censura, oggi, è la pretesa di oscurare l’opinione del singolo a (presupposta) protezione della visione altrui.
La censura è la negazione, la repressione e la cancellazione della contro-cultura.
La censura, oggi, ci priva della cultura del dissenso.
LA CENSURA È EGORIFERITA.
La censura azzera la diversità, soprattutto quella da sé. È la gabbia dell’altro da sé.
La censura contemporanea perpetra un autoinganno. Spesso è auto-censura.
La censura sceglie con cura le immagini da mostrare, una serie di parole preconfezionate da pronunciare.
La censura è una repressione politico-culturale che finisce con il modificare oggetti estetici già dati.
La censura fagocita la tendenza umana ad un realismo ingenuo.
LA CENSURA È L’AFFABULAZIONE COLLETTIVA.
La censura è la società polarizzata.
La censura è la retorica della cultura Woke, che, in nome di una tardiva consapevolezza storica e sociale, sacrifica la libertà di parola e di espressione del suo tempo.
La censura crea rappresentazione. La censura, oggi, è il fenomeno delle lobbies delle lotte.
La censura è un “politicamente corretto” strumentalizzato da tutti. È quel “politicamente corretto” che sponsorizza ed enfatizza un’unica questione a discapito di tutte le altre, mentre la contrassegna con asterischi e schwa, creando lacune estetiche e omissioni di senso.
LA CENSURA È CULTURALE.
La censura è un’omologazione culturale al ribasso.
La censura è la nostra fissità culturale, che ci preclude ogni diverso punto di vista.
La censura, oggi, è preventiva. È la cancel culture.
LA CENSURA È IPOCRITA.
La censura è lacultura progressista intrisa formalmente di riferimenti all’eguaglianza dei diritti, alle istanze femministe, all’ambientalismo.
La censura, oggi, è l’elucubrazione sbandierata sul pensiero altrui ma mai sul nostro.
La censura, oggi, è una facile condanna travestita da biasimo. È rivendicazione, recriminazione, per sostenere un’altra forma di violenza.
La censura, oggi, la spacciamo per inclusività, invocando, paradossalmente, la censura altrui.
La censura, oggi, è un’inclusività non strutturale ma dettata sull’onda di tendenze culturali.
LA CENSURA È DI MODA.
La censura è la moda.
La censura, oggi, ha un’aberrante celebrazione per tutto.
La censura è didascalica e ridondante.
La censura è l’autarchia linguistica.
LA CENSURA È IL LINGUAGGIO.
La censura, oggi, affida al linguaggio il potere di cambiare la società, laddove ne ha sempre assunto la forma.
La censura, oggi, è l’analfabetismo di ritorno generato dal linguaggio inclusivo.
La censura, oggi,non è più il rogo nelle piazze, ma assurge al ruolo di critica letteraria, ricapitalizzando titoli datati e controversi ed edulcorandone il linguaggio, così da riuscire a compiacere la sensibilità del tempo.
La censura è l’istituzione del sensitivity reader!
LA CENSURA È DISPOTICA.
La censura cancella ogni forma di confronto. Troppo spesso è requisitoria.
La censura è l’assenza di dibattito. È la spettacolarizzazione del contraddittorio.
La censura è mediatica. È la TV generalista. È l’eredità della società dello spettacolo.
LA CENSURA È SUPERFICIALE.
La censura è il simulacro di vite idealizzate.
La censura è la nostra indifferenza davanti al dolore degli altri. È il nostro (finto) buonismo.
La censura è un iper-citazionismo contemporaneo, recepito in forma acritica e spesso decontestualizzato sul piano storico-culturale. È un abissale scarto di senso, che evidenzia la nostra diseducazione alla lettura, la nostra generica e generalizzata afasia.
LA CENSURA È DISEDUCATIVA.
La censura è un contenuto didattico ritenuto controverso per i tempi che viviamo.
La censura è pedagogica.
La censura è l’attuale sistema dell’educazione. È la strumentalizzazione delle nuove generazioni.
La censura è l’accesso mancato e (ancora) spesso vietato all’istruzione. È il divieto di accesso di genere all’istruzione.
La censura è la diseducazione sessuale dentro (e fuori) la scuola. È la dilagante diseducazione civica.
La censura odiernaè l’eredità della nostra disinformazione, del nostro disinteresse per la verità, del nostro voyerismo social, di quello più morboso da cronaca nera.
La censura è il dare per scontato che i media, nel loro incessante intrattenimento, facciano informazione.
La censura è una quotidiana minaccia all’autorevolezza della verità. È l’era delle fake news.
La censura è stravolgere la notizia in uno strillone sensazionalistico.
La censura è un’informazione approssimativa, abbozzata, imprecisa.
La censura è accontentarsi di un’analisi senza aver letto la fonte originaria, senza confrontarla con altre fonti.
La censura è diventata l’imperante linea editoriale.
La censura, oggi, è il mezzo e la sua modalità di comunicazione: un accessorio a sua misura e consumo.
LA CENSURA È LA DERIVA TARDOCAPITALISTA.
La censura è l’anacronismo ascritto alla liquidazione a rilento del Capitalismo.
La censura è il feroce classismo sociale. È l’irresponsabilità sociale della ricchezza.
La censura è iniqua. È l’assenza di meritocrazia.
La censura è ossessionata dall’iper-produttività.
La censura è l’establishment globale.
La censura è l’inflazione. È l’imbroglio chiamato neoliberismo.
LA CENSURA È LA MODERNITÀ LIQUIDA.
La censura del nuovo millennio è la sua intrinseca vulnerabilità. È la malinconia strutturale che affligge il nostro secolo.
La censura del nuovo millennio si sviluppa intorno al concetto di crisi: è la sua normalizzazione come condizione.
La censura è neofobica: ha paura del nuovo, ma non del nulla travestito da tutto.
La censura, oggi, è il disorientamento collettivo.
La censura è nel narcisismo di massa. È l’antropocentrismo strutturale.
La censura è un limbo. È questo tempo senza tempo.
La censura è il linciaggio delle ore. È la qualità della vita che non sappiamo godere.
La censura è la pressione sociale. È un costante senso di inadeguatezza.
La censura è il burnout della società. È lo xanax.
La censura include i dogmi e i modelli delle generazioni precedenti. È il paternalismo di chi ci ha espropriato del futuro.
LA CENSURA È IL CAPITALE UMANO.
La censura, oggi, è una precarietà che ha perso la sua accezione transitoria, che ci ha reso schiavi del lavoro, schiavi del tempo, subalterni e manipolabili, perfette pedine di un consumismo ormai decadente, ma ancora tiranno.
La censura è la forza lavoro. È il dover lavorare duro. È il dipendere dal lavoro che si fa.
LA CENSURA È DUNQUE IL LAVORO.
La censura, oggi, è ancora la morte sul lavoro. È morire di lavoro.
La censura è il lavoro in nero. È il caporalato.
La censura non garantisce il minimo sindacale.
La censura, oggi, è ancora la politica antioperaia.
La censura è la CISL, ma anche la CGIL. È l’INAS, è l’INAIL. È Confindustria.
La censura è il lavoro minorile.
La censura è il lavoro (al) femminile. È la deminutio capitis di genere.
La censura è la gabbia di una giovinezza ad interim. È un contratto da stagista.
La censura è la svendita del proprio lavoro. È il lavoro creativo, è qualsiasi lavoro in ambito culturale.
La censura è freelance. È la partita IVA. È la flat tax.
La censura è +IVA. È il peso delle accise.
La censura è la nostra previdenza sociale. È il sistema contributivo e quello pensionistico.
La censura è il nostro job title e il nostro bisogno di riconoscimento nella società.
La censura è la compilazione di un bando pubblico. È il difficile accesso (reale) ai suoi fondi.
La censura, oggi, è politicizzazione del disagio.
La censura è nello stigma del fallimento. È la corsa al successo lastricata di caduti.
La censura ci priva del diritto al lavoro. È il lavoro in quanto dovere.
La censura rende vulnerabile la nostra dignità, la nostra libertà e la nostra stessa vita.
LA CENSURA VIOLA I NOSTRI DIRITTI.
La censura mette a rischio la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. È la nostra incuria per i suoi principi.
La censura è la tacita implosione dei principi fondamentali della democrazia.
La censura è il diniego al diritto di manifestare, del diritto al dissenso.
La censura è una forma di abuso di potere. È anticostituzionale.
La censura è ignava dinanzi al razzismo, il sessismo e tutti gli altri “-ismi” su cui la nostra società sta involvendo.
La censura si sente minacciata da tutte le soggettività tradizionalmente considerate “altre” dalle nostre società.
La censura è la libertà che pretendiamo a gran voce per noi stessi, ma che non siamo disposti a concedere agli altri.
La censura impedisce di immaginare una comunità più estesa, di assumerci la responsabilità condivisa dei diritti di tutti.
La censura è l’impari lotta per l’affermazione di nuovi diritti.
La censura è non riuscire a farsi riconoscere dagli altri. È l’esclusione dal dibattito sociale.
La censura è discriminante.
La censura è identitaria, è totalizzante. In suo nome si strumentalizza la biologia, la natura, la fede.
La censura azzera l’essenza stessa delle libertà civili.
La censura è il perpetrato attacco alla comunità LGBTQ+.
La censura è l’abiura dell’identità di genere. È l’attuale transizione sociale.
La censura è vivere nel corpo sbagliato. È la pretesa di decidere del corpo altrui.
La censura è l’ingerenza statale, maschile e cattolica in tema di aborto.
La censura è la maternità surrogata. È la fecondazione assistita in Paesi burocraticamente retrogradi.
La censura è veder negato il diritto all’infanzia.
La censura non è arcobaleno. È la mancanza di tutele per i bambini delle famiglie omogenitoriali.
La censura è tutti quei genitori che il suo sistema legislativo cancella con un colpo di spugna.
La censura è un’emergenza ignorata.
La censura vede negare il diritto alla salute. È tutta una serie di ostacoli burocratici e strutturali che proibiscono l’accesso alle dovute cure sanitarie.
La censura mette al bando i finanziamenti e la sperimentazione in campo scientifico.
La censura èl’autodeterminazione individuale come affare di Stato.
La censura non divulga edintralcia l’attuazione del proprio testamento biologico. È l’accanimento terapeutico.
La censura nega il diritto all’eutanasia. Nega il diritto di scegliere della propria vita, fino alla fine.
La censura costruisce barriere architettoniche.
La censura non contempla il diversamente abile: gli nega un’adeguata assistenza sanitaria a domicilio; ne trascura quella sessuale.
La censura non considera la neurodiversità di ognuno e la neurodivergenza di molti. La censura non sviluppa strumenti critici per la loro coesistenza.
La censura è l’assenza di strutture specializzate. È un’assenza inaudita: direttamente proporzionale ai modelli neurotipici di produzione culturale.
La censura è stata no vax, ma è ancoral’abuso farmacologico in Occidente.
LA CENSURA È LA NOSTRA LIBERTÀ CI DUI CI DERESPONSABILIZZIAMO.
La censura è l’ordinario vilipendio che perpetriamo a danno dei nostri stessi diritti.
La censura è retrocedere in materia di lotte civili: combattute e conquistate da altri prima di noi.
La censura è il revival di idee reazionarie. È il revival del proibizionismo.
LA CENSURA È FALLOCRATICA.
La censura è misogina.
La censura è il catcalling. È ancora cultura dello stupro.
La censura è l’ondata del #MeToo.
La censura è l’infibulazione.
La censura è il burqa.
La censura è una donna usata, abusata da un sistema patriarcale che la considera un bene di suo consumo.
La censura è femminicida.
La censura è l’altra faccia della violenza: quando la vittima è un uomo.
La censura è ogni violenza psicologica. È ogni violenza domestica. È ogni violenza di genere.
LA CENSURA È (ANCORA) UNA QUESTIONE DI GENERE.
La censura, oggi, è ancora la donna-culla. È il dover essere madre.
La censura, oggi, è l’8 marzo.
La censura, oggi, è un femminismo puramente formale. È il femminismo da passerella.
La censura, oggi, è uno stucchevole monologo a mezzo televisivo per compiacersi dei propri privilegi di donna bianca che vive nel lusso.
La censura è la colpevolizzazione di genere. È l’assenza di solidarietà femminile.
La censura è il binarismo di genere, che rigetta le istanze del femminismo intersezionale.
La censura è ancora l’industria cinematografica, ascritta ad uno stantio “patriarcato della visione”.
LA CENSURA È SOCIETÀ DELL’IMMAGINE.
La censura è l’immagine mediatica della perfezione. È un filtro social. È un correttore, un modellatore, un filler.
La censura è la pretesa di uno sguardo assolutizzante sugli altri.
La censura è ancora la repressione sociale della libera espressione di sé.
La censura delegittima la fluidità di genere.
La censura mette etichette.
La censura, oggi, fa della differenziazione di genere una questione di marketing o di critica.
La censura può essere anche la radicalizzazione di genere.
La censura, oggi, si deteriora e si autorigenera esattamente come un corpo.
LA CENSURA DISCRIMINA IL CORPO.
La censura è il corpo trattato alla stregua di una merce.
La censura è il corpo politicizzato come estraneo, sessualizzato e violato.
La censura è un’idea di corpo rigida e controllata. È la visione a cui lo assoggettiamo.
La censura è l’idea di mutazione, deformità, malattia e mutilazione corporea.
La censura mitizza, e non normalizza, l’imperfezione: ne brandizza l’epopea.
La censura svilisce ancora i corpi esclusi dal canone dominante. La censura si rivela ancora tacitamente grassofobica.
La censura è il culto della vergogna del corpo. È il culto della vergogna dell’imperfezione. È una censura emotiva ed emozionale inculcata fin dall’infanzia, nella pretesa di definire chi e come dobbiamo essere, come dobbiamo vestirci.
LA CENSURA È FORMALE, BIGOTTA.
La censura è il falso pudore. È il rimosso della società del benessere.
La censura è il buon gusto. È il proprio perbenismo, imposto agli altri. È la radicalizzazione di un gusto conforme.
La censura, oggi, è ancora il nostro scandalizzarci dinanzi ad una scena di nudo.
LA CENSURA È MORALISTA.
La censura non è etica.
La censura non dà piacere e non usa lubrificanti. Non usa precauzioni.
La censura è una gravidanza indesiderata. È ogni medico obiettore.
La censura ama la pornografia, ma boicotta la sessuologia.
LA CENSURA È SESSUOFOBICA.
La censura è lo sfruttamento sessuale, che non contempla le case chiuse.
La censura è il turismo sessuale.
La censura si prostituisce per il miglior offerente. La censura è la schiera dei benpensanti.
La censura è la voce di chi predica.
La censura è la Chiesa cattolica e la sua deresponsabilizzazione.
La censura è l’ingerenza del Vaticano su uno Stato laico, su “una Repubblica laica e aconfessionale, priva quindi di una religione ufficiale”.
La censura è la maxima culpa pontificia. È venalmente lo IOR.
LA CENSURA È ITALIANA.
La censura, in Italia,è il caso Orlandi. È tutti i casi irrisolti, quelli che pretendono verità ma non fanno clamore.
La censura, in Italia,è la verità negata per il caso Regeni. È il lungo percorso per la verità nel caso Cucchi.
La censura è la tortura. Quella italiana è il voler depennare il reato di tortura.
La censura è l’uso della forza, il culto dell’uso della forza.
La censura, in Italia,è l’arma dei Carabinieri. È la Polizia di Stato.
La censura, in Italia,è il sistema giudiziario.
La censura èuna cella d’isolamento. La censura, in Italia,è il 41BIS.
La censura, in Italia,è una piazza sempre troppo vuota.
LA CENSURA, IN ITALIA,È OMERTOSA.
La censura, in Italia,è latitante. È la criminalità organizzata. È ancora la connivenza tra Stato e mafia.
La censura, in Italia,è lo spettro della Democrazia Cristiana.
La censura, in Italia,è ancora berlusconiana. Presto potrebbe essere la sua eredità …
La censura, in Italia,è ancora una destra che indossa rosari e imbraccia la Bibbia.
La censura,in Italia, è la noncuranza politica. È il nostro astensionismo di protesta. È la nostra reificata azione sociale.
La censura, in Italia,è la negligenza referendaria, è il boicottaggio del suo quorum.
La censura,in Italia, è una parvenza di sinistra, resasi ineleggibile. È una reificata rifondazione comunista che si palesa solo in periodo elettorale.
La censura, in Italia, è il PD.
La censura,in Italia, è il nuovo che avanza.
La censura,in Italia, è una Sardina… naufragata.
La censura,in Italia, è l’investitura plebiscitaria dell’outsider all’insegna della retorica populista.
La censura, in Italia, è la casta. È cambiarne i nomi e gli attori, ma non la drammaturgia.
La censura è la storia italiana degli ultimi 50 anni. È la storia di tutto il Sud del mondo.
La censura, in Italia,è la strumentalizzazione propagandistica dell’eccidio delle Fosse Ardeatine. È la “sgrammaticatura istituzionale” sull’attentato di via Rasella.
La censura, in Italia, è il Bonus Matrimoni. È fare del decreto anti-rave un’urgenza parlamentare. È l’incompetenza sul PNRR.
La censura, in Italia, è xenofoba. È lo Stato che ci vorrebbe italioti contro i “forestierismi”. È lo Stato che deve “parlare italiano”.
La censura, in Italia, è nonfare apologia, rendendo (anticostituzionalmente) eleggibile un partito di stampo fascista. È il tacito assenso ad un governo a guida (post)fascista.
LA CENSURA, IN ITALIA,È ANCORA FASCISTA.
La censura, in Italia,è ogni infrastruttura per la mobilità ed il trasporto pubblico, che lascia a desiderare anche in materia di ecosostenibilità.
La censura, in Italia, è il miraggio di un ritorno all’ordine. È pensare ancora che “si stava meglio quando c’era lui”!
La censura, in Italia, oggi, è un proverbiale ricorso storico tra il 2022 e il 1922. La censura, in Italia, è ancora squadrista.
La censura, in Italia,è la violenza dei concetti. È Dio, Patria, Famiglia tradizionale – nello stereotipo del Mulino Bianco!
La censura, in Italia,è una gerontocrazia.
LA CENSURA È POLITICA.
La censura è il potere per il potere. È la sua deriva violenta ed autoritaria.
La censura è destrofila. È l’ascesa delle destre più estreme.
La censura è l’ortodossia della “sinistra” europea.
La censura è la necessità di una generale insurrezione anarchica, con tanto di Middle Finger!
LA CENSURA È L’IPOVISIONE DELLA NOSTRA SOCIETÀ.
La censura è l’inerzia delle militanze. È l’affermazione di una condizione.
La censura è una trasformazione imposta e non vissuta come autentica rivoluzione.
La censura vive di clandestinità. È la trasversale corruzione del sistema.
La censura è lo stigma sociale del mettere al margine. È trovare nell’Altro, nel diverso, un capro espiatorio.
La censura è il nazionalismo metodologico. È la persecuzione delle minoranze etniche.
La censura è trovare la morte in mare. È un’assurda politica -con l’aggravante di essere filocattolica- sui migranti.
La censura alza muri; crea frontiere; dissemina filo spinato.
La censura è nella violazione del diritto internazionale.
La censura è la salvaguardia dell’imperialismo, del militarismo, delle sue implicazioni planetarie.
La censura si nutre della fobia collettiva.
La censura è laica quanto religiosa.
La censura è integralista, fondamentalista.
La censura è un estremismo. È l’estremismo.
LA CENSURA PROMUOVE LA GUERRA.
La censura èil tono muscolare, aggressivo ed esibizionista, di tutti i crimini di guerra.
La censura è l’estradizione di Assange.
La censura è una guerra ideologica senza possibilità di mediazione.
La censura è la bulimia degli armamenti. È il nostro tacito assenso al suo verificarsi.
La censura è il disarmo e il riarmo del sentire comune.
La censura è il credere che l’unica guerra attualmente esistente si stia svolgendo in Ucraina.
La censura è condannare la Russia per Putin. La censura, oggi, può essere tacciata di essere russa quanto filorussa.
La censura è far pendere il braccio di ferro a favore dei nazisti ucraini, che si spacciano per vittime quanto quelle reali.
La censura è credere ciecamente che le ragioni siano filoamericane. È il fiato corto della democrazia made in USA.
La censura è l’illusione occidentale consolidatasi dopo la (presunta) fine della Guerra Fredda.
La censura è la Guerra Fredda del nuovo secolo. È la NATO.
La censura è la strategia della guerra permanente.
La censura è l’escalation di tensioni su scala planetaria. È ogni munizione data in pasto alle fameliche fauci nucleari.
La censura è un futuro apocalittico.
LA CENSURA È CINICA.
La censura, oggi, è un meme. È un ostentato cinismo nel commentare la realtà, “deresponsabilizzandoci” dalle sue problematiche.
La censura può assumere la forma di un feed invaso da teneri e batuffolosi contenuti multimediali, mentre si registra il tutto esaurito di canili e gattili lager.
La censura è ancora la barbara pratica dell’abbandono. È la prole di un randagismo incontrollato. È l’incuria di una vita logoratasi in gabbia. È il mercato di quella da macello, di quella da vivisezione.
La censura monetizza il sensazionalismo del nulla: un sentimentalismo alla deriva del suo stesso patetismo.
La censura è la brandizzazione della normalità, nella sua banalità.
La censura è la pubblicazione del proprio stato emotivo, estetizzato nello spiattellamento digitale, in cerca di un’empatia all’insegna della visibilità, di compulsivi like.
La censura è l’argomentazione fatta commento, è mero orpello dell’immagine. È la nostra coartazione da tastiera, è tutta quella serie di ottuse opinioni non richieste.
La censura è una piazza “virtuale”. È una gogna mediatica senza filtri. È lo shitstorm.
La censura è lo sharenting. È la costruzione sociale della genitorialità digitale.
La censura è nell’esposizione mediatica dell’infanzia. È nel rischio a cui si espongono i minori.
La censura è la pedofilia in rete.
La censura è la pubblica diffamazione del corpo altrui. È il body-shaming da tastiera.
La censura è l’esasperazione del trash-talking.
La censura è la deriva della violenza e la sua radicalizzazione online.
La censura è ogni abuso reale perpetrato nel mondo virtuale.
La censura, oggi, è la costante minaccia alla nostra stessa privacy. È la subdola e strutturale mancanza di tutela dal pericolo del revenge porn.
La censura, oggi, non concede il sacrosanto diritto all’oblio.
LA CENSURA È IL CANNIBALISMO DEL VIRTUALE.
La censura è la nostra assuefazione alle nuove tecnologie, alle loro norme e paradossi.
La censura è il culto di schermi assolutizzanti: estensioni applicate del nostro corpo di automi.
La censura è la contaminazione del cyberspazio e del quotidiano. È l’alternativa virtuale diventata realtà aumentata.
La censura, oggi, è l’ibridazione virtuale del processo di produzione culturale. È l’incessante rimescolamento delle informazioni, delle immagini.
La censura mitizza la frontiera dell’iconosfera estetica e culturale.
La censura è la cospirazione da smartphones, dell’algoritmo, dei trend. È il regime assoluto dello spionaggio industriale.
La censura è la nostra reale prospettiva evolutiva che si scontra con l’aspettativa delle intelligenze artificiali.
La censura è un futuro distopico.
LA CENSURA È DIGITALE.
La censura è la natività digitale. Foraggia generazioni di zombies digitali.
La censura è una costante rivoluzione informatica e digitale. È la minaccia di un nuovo Millenium bag.
La censura è il circuito digitale. È il dispotismo del sistema binario.
La censura odierna è fagocitata dai mass-media: è, quindi, onnisciente e onnipresente.
La censura è la cultura digitale.
La censura, oggi, è aver fatto del web e dei social network un sistema di pensiero.
La censura è l’ormai radicato fenomeno dell’analfabetismo funzionale fagocitato dai social network.
LA CENSURA È SOCIAL.
La censura è la costruzione dell’identità social.
La censura si alimenta di contenuti sterili e superficiali. È la banalizzazione dei propri contenuti.
La censura, oggi, è la spettacolarizzazione della quotidianità. È la violazione dello spazio della propria intimità.
La censura, oggi, è la mercificazione del corpo, quanto quella dei neuroni.
La censura è un infondato e sterile pudore promosso dall’algoritmo social.
La censura è offensiva, banale, imbarazzante. È il deficit di una sana spregiudicatezza.
La censura soffoca la leggerezza con il grottesco. È il gusto che abbiamo perso per la satira.
La censura è il reel di Instagram, quanto il coreografico non-sense di TikTok.
LA CENSURA È VIRALE.
La censura è l’incapacità vestita di fama e di profitto. Èl’ondata di influencer.
La censura, oggi, è nel trend: tutto esiste solo nella misura in cui viene promossa.
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LA CENSURA È INVISIBILE.
La censura è la generazione degli invisibili, quelli ai margini di tutto.
La censura, oggi,è l’oblio e la paura della vecchiaia. È la vita sedata nelle residenze sanitarie assistenziali.
La censura è deprimente.
La censura spinge al suicidio. È un suicidio di massa.
La censura è il decadimento periferico. È la periferia.
LA CENSURA, OGGI, È INVIVIBILE.
La censura è l’inarrestabile espansione cementizia. È la nostra inciviltà urbana.
La censura è non avere coscienza dei limiti di un mondo globalizzato.
La censura è la crisi energetica.
La censura è non riuscire ad invertire l’allarmante tendenza di aumento delle emissioni di gas serra.
La censura è il collasso climatico su cui spingiamo quotidianamente l’acceleratore.
LA CENSURA, OGGI, È AMBIENTALE.
La censura è famelica. È onnivora. È lo spreco alimentare, quello di qualsiasi risorsa naturale.
La censura è la nostra mancanza di rispetto per le risorse naturali: risorse di tutti e non ad esclusivo vantaggio dell’Occidente. È lo stato di emergenza di più di 3 miliardi di persone che vivono in aree altamente vulnerabili.
La censura è il vilipendio dell’eco-sistema.
La censura è l’ostracizzato attivismo degli indigeni di tutto il mondo, la minaccia alla loro sicurezza e sopravvivenza nel preservare i propri territori, proteggere le poche foreste rimaste, le loro comunità e le loro tradizioni ancestrali.
La censura sottovaluta la biopolitica e uno sviluppo eco-green.
La censura porterà all’estinzione umana: la natura saprà sopravviverci!
LA CENSURA SIAMO NOI.
La censura è connaturata alla nostra volontà di controllare e condizionare le opinioni degli altri. Forte delle sue molteplici forme, ha attraversato culture ed epoche, sapendosi adattare, sedimentatosi nelle nostre coscienze censorie, trasfigurando i suoi stessi dettami, cavalcando il moralismo e l’indignazione del momento, nutrendosi di un facile consenso, isolando ogni voce fuori dal coro.
LA CENSURA QUINDI PUÒ ESSERE TUTTO E IL CONTRARIO DI TUTTO.
La censura, ad oggi, è tutto questo e forse molto altro ancora, che sicuramente sarà sfuggito nella stesura di questo Manifesto. Da domani assumerà già nuove forme, ostentate o meno, definite o meno.
ALTRESÌ, LA CENSURA IMPLICA QUELLA DELL’ARTE.
La censura dell’arte è la cupa deriva delle fatalità del potere: è la loro ripercussione sull’espressione artistica.
La censura dell’arte, oggi, somiglia ai suoi tempi più che alle definizioni in cui potremmo incasellarla.
La censura dell’arte incorre ancora nel divieto, nella limitazione, nel plagio.
La censura dell’arte è nei sedimentati valori di quella moderna e nella corrispettiva incapacità di comprendere quelli del contemporaneo. La censura dell’arte è l’alone di impenetrabilità dei suoi modelli.
La censura dell’arte, oggi,è nel nostro scandalizzarci (ancora) dinanzi ad un’opera delle avanguardie del Novecento, mentre la maggior parte delle opere a noi contemporanee non riescono più a scandalizzarci, ad inorridirci, a farci riflettere: se permettiamo che l’arte venga distrutta dal “buon costume”, non ne resterà memoria!
La censura dell’arte è puro decorativismo. È citazionista senza erudizione. È manierista senza tecnica. È totalmente disonesta dal punto di vista intellettuale. È una postilla culturale, che rigetta la transdisciplinarietà delle sue pratiche.
La censura dell’arte inibisce la sua attitudine critica e la sua storica consapevolezza sociale.
La censura dell’arte è il suo sistema nella contemporaneità.
La censura dell’arte è la preminenza del sistema sul prodotto artistico. È la sua brandizzazione.
La censura dell’arte è da sempre ascritta alla macrostruttura del suo datato e fuorviato mercato, ma oggi è stata assimilata anche in ambito accademico e dalla sfera underground.
La censura dell’arte è globalizzata: ormai slegata dal fardello geografico dell’appartenenza territoriale, ha di conseguenza uniformato le sue estetiche.
La censura dell’arte, oggi, è generata da algoritmi e reti neurali. È virtuale. È instagrammabile. È l’assenza di tutele e copyright.
La censura dell’arte, oggi, è crittografata. È l’ascesa della collezione digitale. È Non-fungible toke.
La censura dell’arte è tutta una serie di contenuti che adotta la forma del proprio contenitore.
OGNI PUNTO DI QUESTO MANIFESTO SI RICONDUCE ALLA COLLETTIVA CENSURAE.
Censurae nasce perché i tempi ci impongono nuovamente una critica sociale.
Censurae si sottrae le limitazioni entro cui la società tende ad isolarci:è il risveglio delle coscienze attraverso l’arte.
Censurae non è arte per l’arte, ma la costruzione, condivisa ed aperta, di una coscienza collettiva sulla censura e sulle sue manifestazioni contemporanee.
Censurae non intende esaltare il primato della propria arte, ma tenta di celebrarne e ripristinarne il ruolo sociale.
Censurae getta uno sguardo all’arte del passato, testimoniando quella del presente e prospettando quella del futuro.
Censurae, nellasua estetica, si declina in senso quasi antropologico, eludendo la categorizzazione ontologica dell’arte.
Censurae è una deriva agita. È un nostalgico sussulto situazionista.
Censurae apre alla dimensione effimera ed immateriale dell’intervento artistico, alimentando la sua aura creativa in una serie di istanze reali.
Censurae media con la realtà attraverso il concorso dello spettatore-attore.
Censurae è questo Manifesto ed una serie di “manifesti” visivi esposti in mostra.
Censurae è il fronte comune degli artisti partecipanti, delle curatrici e della Galleria 291 EST.
Censurae è la libertà che si presuppone che l’arte possa ancora vantare. Alimentare. Diffondere.
Roma, 7 Aprile 2023