TRADE OFF persuasioni etiche | cartella stampa
PLACEMENT | Edoardo Aruta
sei colonnine tendi nastro
Le colonnine che compongono l’opera Placement di Edoardo Aruta non sono quello che appaiono ma il segno evidente di ciò che narrano.
Per mezzo di uno spostamento fisico, infatti, si agisce sul piano estetico comportamentale che trova la sua formulazione nell’azione responsabile, dove il luogo diviene ponte di relazione e trasmissione fra opera, pubblico e il tutto.
L’oggetto, che nella sua originalità ha la funzione di creare barriere e percorsi, viene qui impiegato per generare un circuito di segmenti significanti da disporre liberamente nello spazio. La presenza di una parola, o frase di segno opposto, stampata sul nastro di interconnessione, libera la possibilità di nessi, determinati nel valore dalla scelta casuale dell’elemento riferente.
La disposizione del perimetro sarà organizzata dall’intero sistema dell’arte presente (artisti e curatori prima e pubblico dopo) fino a creare un sentiero collettivo nemico.
Così, contraendo l’estensione spaziale, ogni segmento contribuirà nell’ostacolare e privare la fruizione del luogo, sottraendolo all’attribuzione adibita per lasciare vivere un tempo coattivo di esperienza e non più di consumo.
Roberto D’Onorio
L’addio alla verità è l’inizio e la base stessa della democrazia.
Quando in una società aperta ai suoi nemici l’informazione è permeata da una persuasione corrotta, l’individuo agisce come attore sociale nella sua identità di ruolo, contribuendo a realizzare uno spazio ideale della rappresentazione.
Nasce così quella che Galimberti chiama la coscienza infelice. Distorsione genitrice di una pseudo-libertà di conoscenza in cui la vita umana rimane sullo sfondo come orizzonte ultimo. Il compito del pensiero sarà allora cogliere e non dimenticare ciò che resta nascosto dall’ideologia. Come insegna Heiddeger, non riconoscere il presente significa non accontentarsi della quotidianità come presentazione del reale.
DUE CATTIVI MAESTRI | Filippo Riniolo
due audio suddivisi in due canali ciascuno
In “Due cattivi maestri” Filippo Riniolo propone una genealogia alternativa della nostra filosofia, un phylum, come direbbe Roberto Esposito, di alterità e critica al potere della persuasione stoica. L’opera, composta da due audio suddivisi in due canali ciascuno, offre al fruitore una lezione di Foucault e una poesia di Pasolini in relazione alla lettura di lettere e annunci dal mondo omosessuale parigino e romano, sotterranei e nascosti.
Un discorso che caratterizza un perenne movimento verso l’esterno, oltre i confini che il potere assegna alla filosofia, verso la definizione e la sperimentazione di rapporti tra vita e storia, vita e politica, vita e lotta.
Lotta che, nell’affermarsi dei movimenti di liberazione omosessuale, porta Pasolini e Foucault ad ammettere implicitamente o esplicitamente di rimpiangere la (o provare piacere nella) dimensione del segreto. Proprio questa assenza di coming out dei due indiscussi maestri del novecento può ribadire la natura di un doppio tra immagine pubblica e ricerca intellettuale.
L’esperienza associativa dell’opera ci pone nel mezzo della ragione, separando la physis dal luogo e svelando l’orizzonte del sapere naturale.
Il cortocircuito posto all’attenzione dell’ascoltatore è quello di una ricostituzione del concetto di verità, accogliendo il rispetto di ciascuno o delle diverse comunità che convivono in una società libera.
Roberto D’Onorio
All’omologazione sociale contribuiscono in modo esponenziale i mezzi di comunicazione che ci esonerano dall’esperienza diretta e ci mettono in rapporto non con gli eventi, ma con il loro allestimento. L’uso autocratico dei nuovi media ad oggi ha il solo scopo di falsificare o oscurare la realtà, perché proprio ciò che informa codifica, e l’effetto di codice diventa non solo criterio interpretativo della realtà, ma anche modello induttore dei nostri giudizi.
È questo un rapporto atavico che vede già in Aristotele la base dell’esperienza persuasiva come criterio di verità più efficace. Infatti, senza persuasione, sia le parole di verità sia quelle di giustizia sia quelle di inganno non hanno efficacia. A partire da queste premesse la non idoneità al sapere esige l’atto per cui il gioco della seduzione non esiste senza l’azione in grado di prevedere o creare cultura a discapito della soggettività. Producendo una distorsione dell’attaccamento che non è più fisica ma mediatica.
ACTIO | Ginevra Panzetti & Enrico Ticconi
video
Storia è una parola greca che deriva dalla radice indoeuropea oida, che significa “vedere”. Alla stessa radice viene ricondotto il termine sanscrito veda, che significa “sapienza”, e in latino video.
È proprio nella storia che l’opera di Ginevra e Enrico trova la sua genesi, estrapolando dall’Institutio Oratoria di Quintiliano il percorso formativo del perfetto oratore dall’età infantile a quella adulta. Concentrandosi sul III capitolo del libro XI (“De pronuntiatione”) i due interpreti vivono il gioco della seduzione dando spettacolo dei gesti archiviati e riassunti nella V fase del processo virtuoso del linguaggio persuasivo: l’actio definita da Aristotele “una sorta di eloquenza del corpo”.
Il tableau vivant, partendo dal cogito di Cartesio, sottrae l’anima al regime della visione delle idee, in cui l’aveva iscritta Platone, per produrla nel regime della rappresentazione del metodo comunicativo contemporaneo che di volta in volta si adotta.
Per effetto di questa trasposizione il corpo e il mondo non sono visti ma rappresentati.
Roberto D’Onorio
Crisi, precario, determinato, sono questi i nuovi termini che si propongono di regolamentare la scansione del tempo oggi, determinandone il progresso senza sviluppo. Definiscono le leggi di un tempo borghese che pone come unica possibilità il consumo a discapito della produzione. Questo disfacimento della durata, in cui il transitorio “ora” prende il posto dell’antico “sempre”, contribuisce all’eliminazione della stabilità, della facoltà di discernere, di riconoscere il bene e il male, anteponendo al tempo naturale il tempo economico. In questa distorsione i dualismi anima-corpo, spirito-materia si risolvono in una compensazione culturale e in una deficienza naturale.
ORA | Giorgia Fioriti
3 Speakers
IL SUONO SI RIPETE OGNI 15 MINUTI
Nell’installazione sonora di Giorgia Fioriti la categoria del tempo è sia l’orizzonte oggettivo del raccoglitore di dati sonori, interpreti di eventi, sia il tempo soggettivo di una narrazione.
L’appuntamento con il suono è dato dalla scansione del tempo borghese che anticipa l’azione, mentre alla litania delle campane dalmata è stata concessa quell’area libera grazie al disimpegno completo nei confronti delle cose.
Come dice Schopenhauer, l’uomo ottiene, grazie al linguaggio, la visione panoramica del passato e del futuro, come pure dell’assente. Sollecitando la ripetizione del suono emancipato dal vincolo del luogo, il dialogo con l’opera ha il potere di risolvere il dualismo tra uomo e mondo, in una relazione trascendentale in cui la connessione tra lo stimolo sonoro e il ritmo corporeo produce un orientamento fra vita e riflessione.
Roberto D’Onorio
La Verità non esiste, o meglio, di verità ne esistono tante. Come distinguere quindi le verità impure?
Scienza e conoscenza hanno due etimologie differenti, ma entrambe fanno riferimento al sapere. Ed è solo grazie alla “sapienza”, che potremmo emanciparci dalle verità illusorie e persuasive che si impongono e ci impongono un vivere coatto.
IMPASSE | Mauro Vitturini
due speakers
Assurgere il suono come oggetto, svelando e decostruendo il processo scientifico che lo definisce tale; dove c’è ignoranza c’è sempre Dio, come ricorda lo stesso Mauro Vitturini.
L’opera audio/installativa Impasse è volta al corto circuito di una conoscenza individuale della percezione visiva e culturale del suono, che con la sua inconsistenza visuale bypassa, involontariamente ed inevitabilmente, il gioco d’imposizione dell’immagine.
Lo svelamento della magia tecnica di un amplificatore e un altoparlante collegato a dei microfoni sensibili unisce osservazioni raccolte da punti di vista diversi (visivo e uditivo) senza fornire sintesi definitive.
Il rapporto tra dati discordanti (materiale immateriale) introduce un enigma, che però non deve mai essere finalizzato ad una perdita di orientamento, ma deve fare da stimolo per una coscienza lucida delle cose attuando uno spostamento sensibile in cui l’esperienza agisce su nuovi stimoli.
Riuscire a concretizzare il suono in quanto oggetto palesa la condizione che Perniola definisce “credere di sapere”. Provocando l’incontro con l’oggetto, infatti, il suono risuona, nel senso che è auto-avvertito, ricomunicato a chi lo esprime o, come direbbe A. Gehelen, il suono riudito in tal modo costituisce un nuovo stimolo.
Roberto D’Onorio